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Le quotazioni delle materie prime sono diventate fattore di grande e crescente incertezza nella formazione dei bilanci, nelle politiche dei prezzi e nella formulazione delle strategie per le imprese manifatturiere. Preoccupano sia l’elevatezza sia l’instabilità che caratterizzano ormai da alcuni anni le quotazioni della maggior parte degli input primari. Anche perché le dinamiche dell’uno contagiano quelle di altri, che possono essere complementari o sostitutivi sia dal lato della domanda, sul piano tecnico-produttivo e su quello delle scelte di gestione dei portafogli finanziari, sia dal lato dell’offerta, sul piano degli investimenti per ampliarla.
La finanza gioca un ruolo crescente nell’accentuare i movimenti dei prezzi delle commodity, che sono diventate sempre più importanti nelle scelte di portafoglio degli investitori, fino a provocare, in presenza di condizioni monetarie accomodanti, bolle speculative, come accade per le azioni e altri tipi di attività. Ma non è la finanza a determinare le tendenze di lungo periodo, che sono governate invece dai fondamentali di domanda e offerta. L’offerta, per limiti fisici, non appare in grado di tenere il passo della domanda, che è moltiplicata dall’innalzamento dei consumi pro-capite negli emergenti e dall’aumento della popolazione mondiale. I prezzi, quindi, rimarranno su un trend crescente, sebbene soggetto a forti fluttuazioni.
Per le imprese, le conseguenze riguardano i margini, la penuria fisica di materiali e la difficoltà di gestire contabilmente il magazzino. I margini vengono erosi dai maggiori costi degli input primari, in presenza di un limitato potere di mercato; ciò, per giunta, riduce la capacità di effettuare investimenti in tecnologie che diminuiscano l’incidenza delle materie prime sui costi.
La reperibilità di materie prime diventa più faticosa perché la concentrazione del loro assorbimento nei Paesi asiatici ne aumenta la forza contrattuale. La scarsità di materie prime può condurre, al limite, a minacciare l’esistenza stessa del manifatturiero nei Paesi avanzati poveri di risorse naturali (dalla delocalizzazione “voluta” alla delocalizzazione “forzata”); e tra questi l’Italia è l’unico che ancora importa quote significative di materie prime in concorrenza con i cinesi.
Quali sono i rimedi? L’innovazione di prodotto e di processo, tanto più che tra le tecnologie pervasive ci sono anche i nuovi materiali.
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