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Salasso da rifiuti. La Tari potrebbe costare quest’anno ai contribuenti fino a 10 miliardi di euro, di cui 4 a carico delle sole imprese. E’ quanto stima la Confesercenti.
L’aumento, di circa il 20% sullo scorso anno e di oltre il 100% dal 2008, è dovuto -secondo Confesercenti- al susseguirsi di nuove tasse e poi di ritocchi verso l’alto della tariffa da parte dei comuni in tutta Italia. Particolarmente tartassate le imprese della somministrazione e del turismo: da alberghi, ristoranti e bar arrivano complessivamente 1,2 miliardi del gettito Tari sulla base di un’indagine sull’incidenza della tassa sui rifiuti nei vari capoluoghi di Regione italiani con l’esclusione di Trento dove vige una tariffa non confrontabile.
Dall’analisi, partita da campioni di diverse tipologie di imprese del commercio e del turismo, emerge una vera babele tributaria in cui, a parità di condizioni, si rilevano forti differenze da città a città non solo in merito all’importo della tassa, ma anche in merito alle esenzioni e alle agevolazioni e relativamente alla qualità del servizio e alla sostenibilità ambientale.
Tra i comuni capoluogo è Napoli quello dove si registra la Tari media più alta a carico delle imprese del commercio e del turismo esaminate: 5.567,89 euro, un valore l’84% superiore a quello di Milano. In seconda posizione Firenze, dove le attività dei due settori pagano in media 4.975 euro l’anno, seguita da Roma (4.902 euro).
La Tari media più leggera si paga invece a L’Aquila: sono 1.473 euro l’anno, il 278% in meno rispetto a Napoli. Bisogna considerare, però, che il Comune abruzzese sembra aver scelto di mantenere basso il tributo, una posizione di tipo politico dell’amministrazione locale per non gravare ulteriormente sulle attività commerciali e turistiche della città, già provate dal sisma, i cui sgravi di emergenza sono terminati nel 2011, e dalla crisi economica degli ultimi anni. Dopo L’Aquila, la Tari media più leggera si versa ad Aosta (1.745,03 euro), seguita in terza posizione da Campobasso (1.881,09 euro).