Censis: lavoro e professionalità

La crisi economica ha provocato 30 milioni di nuovi disoccupati nel mondo e il dato è destinato a peggiorare: nel 2017 perderanno il lavoro altri 3 milioni di persone, superando così la soglia dei 200 milioni di disoccupati.

La domanda di lavoro stagnante e la bassa crescita determinano un eccesso di offerta che incide negativamente sui prezzi di merci, materie prime e servizi, senza che ciò si traduca in una più elevata propensione alla spesa, dal momento che anche i redditi da lavoro diminuiscono. In questo scenario, la capacità dell’Italia di attirare investimenti internazionali dipende soprattutto dalla qualità delle risorse umane ma è penalizzata dalla scarsa flessibilità del mercato del lavoro.

Nel 2015 gli investimenti esteri sono calati dal 5,3% al 4,3% del totale e i flussi in uscita dal Paese segnano una riduzione analoga (dal 5,5% al 4,6%). In generale, gli investimenti esteri rappresentano il 25,6% del Pil: valore molto inferiore rispetto a Francia e Gran Bretagna. Sono aumentati i lavoratori nel settore agricolo (+2% nel 2015 rispetto all’anno precedente), segnando anche una crescita delle ore lavorate e delle unità di lavoro. Tra gli Italiani all’estero, il 62,7% considera stabile la propria permanenza e intende continuare a vivere nel Paese ospitante, mentre tre anni fa solo il 55% dichiarava di voler restare fuori dall’Italia. L’81,7% è contento della scelta di essersi trasferito e solo l’1,1% si è pentito.

Il lavoro autonomo mantiene una certa attrattiva: 20 laureati italiani su 100 svolgono una professione in modo autonomo, contro i 13 della Germania, i 9 della Francia e gli 11 della media europea. Nell’ultimo decennio, tuttavia, si è registrata una stabilizzazione, se non una contrazione, del numero dei professionisti. Nel 2014 il numero delle nuove partite Iva è cresciuto significativamente a causa delle agevolazioni fiscali introdotte dalla legge di stabilità.